Roma, Camera dei Deputati – Si è tenuta oggi una conferenza stampa destinata a lasciare un segno nel panorama delle battaglie civili italiane.

Michel Emi Maritato, criminologo e presidente di Assotutela, ha affiancato Paolo Pozzi, padre del giovane Gianmarco “Gimmy” Pozzi, deceduto in circostanze ancora oscure a Ponza nell’agosto del 2020, e l’Onorevole Stefania Ascari, per denunciare pubblicamente il silenzio istituzionale e le gravi lacune nelle indagini. “Mio figlio non è caduto da solo”, ha dichiarato il padre, visibilmente commosso. “Quella non è stata una morte accidentale, ma un omicidio mascherato.”
Nel corso dell’incontro, svoltosi in una delle sale ufficiali di Montecitorio, le parole sono state dure e precise. Il criminologo Michel Emi Maritato ha tracciato un parallelo con il noto caso Cucchi, sottolineando le analogie inquietanti: “Anche qui parliamo di verità negate, di atti investigativi superficiali, di riluttanza a indagare ambienti protetti o scomodi. E come allora, lo Stato rischia di trasformarsi in complice attraverso il silenzio e l’inazione.”
L’intervento dell’On. Ascari, deputata da sempre sensibile ai temi della giustizia e dei diritti civili, ha rafforzato il tono della denuncia. “Lo Stato deve essere garante della verità. Se una famiglia, dopo quattro anni, è costretta a venire in Parlamento per essere ascoltata, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. Gianmarco Pozzi merita rispetto. E la sua famiglia merita risposte.”

Nel video della conferenza, registrato senza tagli né artifici, si percepisce tutta la tensione emotiva di un padre che ha dovuto improvvisarsi investigatore, avvocato e giornalista pur di non lasciare morire la memoria del figlio. Gimmy, ex campione di kickboxing, fu trovato privo di vita in una zona impervia dell’isola di Ponza. La prima versione parlava di “caduta accidentale”. Ma le lesioni riscontrate sul corpo, i tempi delle comunicazioni, le omissioni nell’autopsia, raccontano un’altra storia.

Michel Emi Maritato ha illustrato in conferenza una serie di elementi tecnici e contraddizioni nei rilievi effettuati. “Abbiamo a che fare con un contesto in cui le testimonianze sono confuse, l’ambiente è omertoso, e le pressioni per archiviare il caso sono evidenti. Non possiamo accettare che un cittadino venga lasciato senza giustizia perché dà fastidio. Come per Stefano Cucchi, il rischio è che lo Stato si trinceri dietro la burocrazia per non ammettere le proprie colpe.”

La conferenza si è conclusa con un appello alla non archiviazione con un richiamo forte all’attenzione dei media. La sala era colma, ma il vuoto lasciato da Gianmarco Pozzi era tangibile. “Non è solo la storia di mio figlio, è la storia di tanti ragazzi che muoiono e vengono dimenticati”, ha concluso Paolo Pozzi. “Ma io non dimentico. E non mi fermo.”

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